Ora, non lontano da noi, bambini vengono usati e buttati via senza pietà. Perché, per molte culture pre-cristiane, essi non sono “persone” ma “cose” che possono essere sacrificate se non corrispondono all’ideale della società in cui vivono.
Il 12 aprile a Port Elisabeth, in Sudafrica, era in corso l’abbattimento, ordinato dalle autorità comunali, di circa 150 baracche costruite su un terreno occupato illegalmente. Quando gli operai sono arrivati all’ultima casa, l’uomo che vi abitava è salito sul tetto con l’aiuto della moglie portando con sé sua figlia, una bimba di un anno. Un agente di polizia lo ha raggiunto per cercare di calmarlo, convincerlo a scendere o almeno a consegnargli la bambina. Per tutta risposta l’uomo ha afferrato la piccola per una caviglia e, tenendola a testa in giù, l’ha scossa ripetutamente e poi l’ha lanciata nel vuoto. Ad assistere alla scena c’erano altri residenti delle baracche abbattute che continuavano a gridargli “gettala, gettala, gettala”. Per fortuna uno degli agenti di polizia rimasti a terra è riuscito ad afferrare la bimba al volo e l’ha salvata. Illesa, la piccola è stata portata via mentre gli agenti ne arrestavano il padre.
Il 20 aprile in India, nello stato del Madhya Pradesh, una bambina di sei mesi è stata rapita, violentata e uccisa. Insieme ai genitori, venditori di palloni, stava dormendo per strada, come fanno tanti indiani poveri, quando è arrivato un uomo in bicicletta e l’ha portata via. Delle telecamere a circuito chiuso lo hanno ripreso mentre prendeva la piccola e se ne andava. Erano le 4.45. Due ore dopo un commerciante che stava aprendo il suo negozio ne ha trovato il cadavere in un seminterrato inutilizzato, a meno di 200 metri dal marciapiede da cui era stata prelevata. Il carnefice della piccola si chiama Sunil Bheel, ha 21 anni ed è un lontano parente dei genitori. Il giorno successivo sempre in India, nell’Orissa, una bambina di sei anni è stata violentata e lasciata in fin di vita nella veranda di una scuola. È in coma da allora. Il colpevole è stato arrestato. Ha raccontato di aver allettato la piccola promettendole dei dolci. L’ha portata con sé in un negozio dove le ha comprato dei cioccolatini e delle caramelle e così l’ha convinta a seguirlo nella scuola dove l’ha violentata. Preso dal panico alle sue grida, ha provato a coprirle la bocca e poi le ha sbattuto più volte la testa contro un muro finché lei è svenuta. Credendo di averla uccisa, se n’è andato.
In Mozambico invece è la morte di un altro bambino albino, di soli 11 anni, di cui è stato rinvenuto il cadavere mutilato a riportare l’attenzione sul destino di tanti piccoli albini, rapiti o venduti dai famigliari, mutilati da vivi, fatti a pezzi, gli organi usati dagli stregoni per confezionare gli amuleti più potenti e costosi. La polizia è a caccia degli assassini che lo hanno rapito mentre la famiglia dormiva, lo hanno portato in un luogo deserto, gli hanno rasato la testa e gli hanno tagliato le orecchie. Devono poi avere deciso di ucciderlo per timore che sopravvivesse alle ferite e li potesse denunciare. Anche in Sudafrica sono stati trovati da poco i corpi di un bambino albino di 13 anni e di uno di 15 mesi rapiti a gennaio da uomini armati, il secondo oltre tutto catturato per errore, scambiato per albino senza esserlo.
Sono fatti talmente spaventosi da non crederli possibili, se non ci fossero riprese e immagini che lo dimostrano. Ma più sconvolgenti, più inverosimili ancora, eppure ben reali, sono la considerazione e il trattamento riservato ai figli da genitori e parenti in condizioni normali, nella quotidiana realtà famigliare, sotto l’influenza di tradizioni tribali ancora radicate. I figli, così importanti in Africa e in Asia, indispensabili per garantire la continuità del lignaggio, primo compito di ogni uomo, e una vecchiaia sicura, sottostanno a regole e istituzioni talmente ingiuste agli occhi di chi ritiene la tutela dell’infanzia un dovere inviolabile da rendere difficile intenderle come tali. Per tradizione presso molte etnie, perché la loro vita meriti, le figlie ad esempio devono accettare di essere maritate in cambio di denaro e a uomini scelti dai genitori. Per valere qualcosa, ogni anno tre milioni di bambine vengono escisse o infibulate.
Poiché inoltre i bambini sono considerati esseri pre-sociali, se non pre-umani, finché non sono ammessi allo status di adulti, le società tradizionali non riconoscono loro dei diritti. Ecco perché i famigliari possono disporne a discrezione ed è così frequente e facile abusare e approfittare di loro.
Ma i cristiani portano dappertutto un senso dell’esistenza, una considerazione per la vita umana diversi. Proprio dove sono minoranza perseguitata, osano con più coraggio e determinazione opporsi, disobbedire alle istituzioni che tolgono dignità, e talvolta la vita, ai bambini e li fanno soffrire. Il 1° maggio in India l’arcidiocesi di Mumbai ha organizzato una “marcia per la pace” a sostegno delle bambine, e delle donne, vittime di ingiustizia, abusi e violenza. “Perché siamo fratelli e sorelle, perché possiamo trasformare la situazione attraverso la nostra presenza, preghiera e azione. Perché a noi importa” è il messaggio delle manifestazioni che si terranno tutte alla stessa ora nelle dimore vescovili dei sei decanati diocesani.