Il sangue innocente versato dai terroristi dell’Isis (“Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”) scorre ormai a fiumi: nulla appare più insensato alla nostra ragione. Eppure non sono poche le giovani menti, anche occidentali, sedotte da questo ideologia religiosa. Perché?
Prima di tutto, l’Isis ti dice che un ordine razionale (naturale e sociale) c’è, perché Dio esiste eccome, ma non è quel Dio di cui hanno sempre cercato di parlarti i preti per calmare la tua rabbia. Non è un Dio che sta in cielo e lascia che in terra si commettano ingiustizie, ma un Dio guerriero che vuole realizzare quest’ordine in terra, qui, subito, adesso. Non è un Dio di misericordia, che perdona il peccatore: è misericordioso solo con chi segue la sua legge ciecamente, imparando le regole a memoria ed eseguendole alla lettera, pianificandoti la vita dalla culla alla tomba, dall’alba alla notte. E’ un Dio che, non solo consente, ma esige che tu rubi al ricco, per dare al povero e che tu uccida il ricco che si rifiuta di dare i soldi spontaneamente. E’ un Dio che afferma che l’egoismo e l’avarizia sociali derivano dalla distruzione della famiglia naturale e dunque impone il rispetto dell’ordine sociale con l’uso della forza. E’ un Dio che pretende che tu sottometta chiunque minacci il modello sociale fondato sulla famiglia naturale: che tu uccida (lapidandola) l’adultera, che tu uccida (gettandolo dal balcone) l’omosessuale, che tu punisca (frustandola) la donna che infanga l’onore della famiglia. E’ soprattutto un Dio che capisce i tuoi impulsi sessuali, che ti condanna se ti masturbi, ma accetta che tu violenti una donna non consenziente, specie se è una donna che non crede in Lui, una creatura che tu puoi far tua, rendendola schiava.
E’ un Dio che dà un ordine a tutte le cose, che ti promette la creazione di una società giusta e perfetta, ma a patto che tu elimini tutti coloro che non possono rientrare, in questa società. E per questo esige che tu sottometti fisicamente chi non lo fa, o chi lo fa “male”, chiamandolo con altro nome o celebrandolo con altri riti. Dunque esige che si elimini chiunque non accetti quell’ordine, con tutte le sue regole, tutte le sue formalità, un ordine che deve essere appreso e obbedito senza discussioni. Considera diaboliche le persone che non lo seguono: essi sono dei tentatori, inquinatori spirituali e sociali, dunque seguendoli finirai all’Inferno, per questo li devi uccidere e devi eliminare anche tutte le tracce che lasciano nel mondo: dagli strumenti della musica rock (satanica) alle vestigia delle antiche civiltà pagane (altrettanto sacrileghe). E capisce persino la tua malcelata tendenza suicida: se il suicidio è giustificato dal massacro dei nemici, allora è legittimo, anzi la via diretta per il Paradiso. Quindi è un Dio che ti risparmia la difficile e noiosa, quasi centenaria, vita di stenti su questa Terra: un bel botto, un bel massacro e vai ancora giovane in Paradiso. A far cosa? A sfogare tutti i tuoi istinti sessuali con decine di donne, in eterno vergini. Il giovane aspirante jihadista, di fronte a questa realtà che si è dischiusa finalmente di fronte ai suoi occhi, resta sia spaventato che attratto. Alla fine, più attratto che spaventato. Perché è sempre bene farsi amico ciò che non puoi combattere e soprattutto perché ti fai amico un Dio che, tutto sommato, dice quel che in fondo pensi.
Benché questo processo di adescamento avvenga in una società profondamente secolarizzata, affascinando i relitti delle ideologie atee del Novecento, non possiamo comprendere questo fenomeno se non ci addentriamo almeno un po’ nella realtà del peccato, una realtà di cui, magari, si può anche non parlare, ma che comunque è sempre lì da vedere.
Il Dio misericordioso, ai lapidatori dell’adultera, dice: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”, obbligandoli così a riflettere e a fermarsi. Gesù, subito dopo, dice anche all’adultera “va’ e non peccare più”.
Nella cultura contemporanea abbiamo la tendenza a ricordare solo la prima frase (chi è senza peccato, scagli la prima pietra) e non la seconda (va’ e non peccare più), finendo così per credere che i peccati non esistano e non comportino conseguenze, in questa vita e nell’altra. Ma nella società c’è un’esigenza profonda anche della seconda frase: “va’ e non peccare più”. Una società che non crede più al peccato si riempie di ingiustizie, che per le persone più sensibili sono intollerabili, anche se non comportano conseguenze dirette su di loro. Una persona sensibile, cresciuta in una società relativista, completamente priva del senso del peccato, è la prima a voler scagliare la pietra. Quando trova un gruppo che gli dice “scaglia la prima pietra”, lo fa volentieri e dorme sonni tranquilli, perché sa che così andrà in Paradiso.
Anche molti cattolici, specie quelli più tradizionalisti, sono tentati dallo “scagliare la prima pietra”. E molti di loro provano una malcelata ammirazione per i metodi dell’Isis. Ma alla fine non lo fanno e stanno ben lontani dai jihadisti. Perché? Perché la libertà è tutto. Il peccato esiste e sarà giudicato. All’adultera, Gesù ricorda di non peccare più, perché se peccherà ancora sarà condannata nel giudizio finale. Ma ha una vita da vivere e dunque ha una vita a disposizione per pentirsi e ritornare a Dio. E in questa vita deve continuare a godere di una piena libertà per decidere da quale parte stare, con Dio o nel peccato. Nessuno ha diritto di ergersi a giudice e comminare la morte, nel nome di Dio o al posto di Dio, perché tutti noi siamo uomini, tutti noi abbiamo il peccato originale, tutti noi saremo giudicati. Agli occhi di Dio, siamo tutti uguali, dunque nessun uomo ha il diritto di mandare una persona all’Inferno.
Ma è forte in tutti la tentazione di ergerci al rango di Dio, di esprimere un giudizio finale anche noi, che comporta la morte, l’eliminazione del peccatore. L’Isis reifica questa tentazione, la soddisfa e molti giovani l’accolgono. Ma così facendo commettono il peggiore dei peccati, scagliando la prima pietra scelgono il Male.