Vengono i brividi a leggere quel che scriveva 80 anni fa un brillante giovane carcerato, Antonio Gramsci, se oggi andiamo a verificare coi nostri occhi come puntualmente si sia avverato tutto quel che egli aveva profetizzato. Suo intento principale era sostituire nel cuore del popolo, dei semplici, l’allora radicata fede cristiana con una ‘fede’ nuova, quella nella propria volontà, creatrice della storia. Per far questo, ha pensato non di agire con una rivoluzione violenta dal basso (come Marx, Stalin), ma con una “forza dall’alto”, occupando quei posti dove si creano le idee che contano, dove nasce quella cultura che diventa dominante nelle coscienze. Ebbene, ecco il risultato. Il cristianesimo si è praticamente suicidato, sia politicamente che culturalmente. Tutti i partiti e i capi politici avversi al comunismo gramsciano sono stati eliminati o dalla magistratura o da campagne stampa o dalla loro azione congiunta che li ha portato al suicidio (politico e non solo). Infine, tutti gli ideali politici sono scomparsi, portati all’annullamento da una mentalità dominante che è riuscita ad imporre un’unica ‘verità’: che non esiste nessuna verità per cui valga la pena vivere e lottare, ma solo la volontà degli uomini (il tristemente noto ‘relativismo’). Il filosofo Augusto Del Noce ha visto per primo, circa 40 anni fa, che cosa stava accadendo: vi presentiamo dei brani tratti dalla sua analisi. Tutto è nato da alcuni apparentemente innocui “Quaderni” di filosofia scritti in un carcere… Forse, allora, vale la pena capirla questa filosofia, per toccare con mano quanto sia importante la cultura e quali effetti enormi possa avere un “astratto pensiero” sulle sorti reali di tutti noi. (A.I.)

[I brani seguenti sono tratti dal testo “Il suicidio della rivoluzione” di A. Del Noce, Rusconi, Milano 1978. Tra virgolette le citazioni di A. Gramsci, tratte dai “Quaderni del carcere”.]

L’obiettivo concreto nella parole di Gramsci: conquistare l’egemonia culturale

Il momento dell’egemonia (…)[è] essenziale nella sua concezione statale e nella ‘valorizzazione’ (…)di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici”. [Q 10,I §7]

Si può dire che i partiti sono gli elaboratori delle nuove intellettualità integrali e totalitarie (…). L’innovazione non può diventare di massa nei suoi primi stadi se non per il tramite di una elite in cui [vi sia una] (…) volontà precisa e decisa”.[Q 11 §12]

Per raggiungere l’egemonia, occorre conquistare le aree di maggior influenza culturale

La scuola, in tutti i suoi gradi, e la chiesa sono le due maggiori organizzazioni culturali in ogni paese (…). I giornali, le riviste e l’attività libraria, le istituzioni scolastiche private, sia in quanto integrano la scuola di Stato, sia come istituzioni di cultura del tipo università popolare. Altre professioni incorporano (…) una frazione culturale non indifferente, come quella dei medici, degli ufficiali dell’esercito, della magistratura. [Q 11, §12]

Lo scopo ultimo da raggiungere

Per Gramsci (…) la rivoluzione si configura come lo strumento necessario per il passaggio da una concezione arcaica a una concezione moderna e immanentistica del mondo e della vita. (pag 164)

Quale è l’idea centrale del suo pensiero (…) se non quella di colmare la frattura tra il basso e l’alto, portando al popolo la concezione immanentistica e secolaristica della vita?

L’io collettivo per Gramsci sostituisce nella concezione immanentistica, quello che era Dio nella concezione trascendente; la riforma economica è ordinata alla formazione di questo io collettivo. (pag 305)

Una nuova tattica: non ‘uccidere’, ma ‘portare al suicidio’

Già per il Gramsci del 1919 la concezione trascendente della vita (…) non deve venire ammazzata, ma finire per suicidio. (…) Tutte le nuove espressioni di cui si è servito (…) si illuminano a partire da questa tesi sul “suicidio”: da ‘riforma intellettuale e morale’ e ‘guerra di posizione’ sino a ‘egemonia’, a ‘intellettuale organico’, a ‘blocco storico’. Gramsci insomma aveva inventato un’altra forma di estinzione dell’avversario; non più persecuzione fisica, ma ‘suicidio’.

Un nuovo tipo di totalitarismo, opposto allo stalinismo…

Da che cosa deriva il termine totalitarismo se non da totalità? Ora il passaggio da una società fondata su una concezione teologica trascendente, o anche immanente, a un’altra completamente secolarizzata, in cui l’idea di Dio sia scomparsa senza lasciar traccia, è proprio il passaggio da una totalità a un’altra. (…) Il suo totalitarismo è il preciso inverso, nelle intenzioni, di quello staliniano. Nello stalinismo si procede verso una coercizione sempre maggiore; nel gramscismo, la coercizione provvisoria deve progressivamente cedere rispetto al momento del consenso. [Vi è però] una necessità intrinseca alla rivoluzione totale, che porta inevitabilmente [all’] oppressività. Orbene, il pensiero di Gramsci è il maggior tentativo di sfuggire a questa necessità, (…) destinato però al fallimento [vedi parte finale del presente documento – NdR]. (pagg 284, 285)

… e molto diverso dal marxismo

L’innovazione profonda che Gramsci introduce in tutta la tradizione marxista (…) sta nella diversa concezione di società civile (pag 158). Per Marx la società civile (…) comprende (…) “tutto il complesso delle relazioni materiali fra gli individui”. (…) Gramsci intende invece per società civile tutto il complesso delle relazioni ideologico-culturali. (…) (pag 159). (…)Perciò l’avvento del socialismo non significa il passaggio da un tipo a un altro di economia, ma da una concezione ancora trascendente (…) della vita a un’altra rigorosamente immanentistica. (pag. 304)

[Il pensiero di Gramsci, infine, si distingue dal marxismo in due sensi:] il termine ‘umanismo’ viene inteso come cancellazione del materialismo e il termine ‘storicismo’ come cancellazione (…)della stessa idea di ‘natura umana’ (pag 166). “Il problema di cos’è l’uomo, (…)l’umano, non è piuttosto un residuo ‘teologico’ e ‘metafisico’ in quanto posto come punto di partenza? (…)Neanche la facoltà di ‘ragionare’ o lo ‘spirito’ (…)può essere riconosciuto come fattore unitario (…). Che la ‘natura umana’ sia ‘il complesso dei rapporti sociali’ è la risposta più soddisfacente, perchéinclude l’idea del divenire (…)e perchénega l’’uomo in generale’. (…)Si può anche dire che la natura umana è la ‘storia’”[Q7 §35].

Invece, il punto di partenza è l’attualismo di Gentile

L’attualismo [ha una] posizione singolare e unica (…)nella storia della filosofia. (…) Ha portato all’estremo non soltanto l’idealismo (…), ma la filosofia del primato del divenire, chiarendone l’esito antimetafisico. (pag 121) Tutti i pensatori prima di me, dice in sostanza Gentile, (…)hanno guardato al mondo degli oggetti; e, tra questi oggetti, ne hanno distinto [alcuni] forniti di pensiero [i soggetti pensanti, gli uomini o Dio – NdR]; di qui sono sorti gli infiniti problemi insolubili della storia della filosofia. (pagg 142, 143) [In sostanza, secondo Gentile, esiste solo l’’atto puro (da cui “attualismo”) del conoscere’, non esistono le altre persone e neppure gli oggetti, tutto è posto dall’atto del conoscere – NdR].

[VI è un] rapporto di necessità tra l’attualismo e il fascismo. L’affermazione che gli altri non esistono coincide con quella che “gli altri (…) sono il nostro stesso corpo, sul quale noi abbiamo tutti i diritti”. Non si affaccia qui la figura del capo totalitario?

Gramsci radicalizza l’attualismo

L’attualismo assume un carattere rivoluzionario: tutte le concezioni del mondo prima dell’attualismo si sono mosse nell’orizzonte di una realtà e di una verità presupposte; (…) [ora, per Gramsci, occorre completare] il processo di erosione di [questa] concezione.

Termine ultimo a cui può giungere la filosofia della prassi dopo Hegel, l’attualismo può essere pensato e vissuto nella forma ‘romantica’ di continuità con la tradizione, che fu di Gentile, o in quella ‘illuministica’ di scissione rivoluzionaria, che fu di Gramsci. (pag 146)

Il comunismo [gramsciano è] la posizione politica adeguata al compimento del passaggio alla concezione immanentistica della vita. (…) Gentile sarebbe ricaduto completamente in tale concezione. (pag 177)

Fascismo e comunismo, due facce della stessa medaglia “attualista”

Gentile e Gramsci convengono nell’idea della formazione di una volontà collettiva nazional-popolare, che fonda gli intellettuali e i semplici. (pag 195) [Solo che, per il fascista Gentile,] la religione contiene in forma mitica la stessa verità della filosofia; [per il comunista Gramsci la religione trascendente coincide con] la servitù e la filosofia immanentistica [coincide con] la liberazione umana. (…)Lo sforzo di Gramsci è orientato verso il massimo di laicizzazione del pensiero rivoluzionario. (pagg 194, 195)

Ma il gramscismo si è davvero realizzato?

Il pensiero di Gramsci ha conosciuto (…)il massimo del successo nel periodo che va dalla seconda metà del ‘74 all’autunno del ‘76. Ne fu occasione il contraccolpo del referendum sul divorzio, 12 maggio 1974. (…)Avveniva che questa secolarizzazione del modo di pensare del popolo italiano, rimasto fedele in linea di principio alla “morale cattolica” anche nei tempi di massimo dominio dell’anticlericalismo, si avverasse proprio dopo un decennio di governo da parte dei cattolici. Che cosa si doveva concluderne? Giungere al giudizio (…)che il vero soggetto della storia italiana nell’ultimo trentennio era stata la riforma intellettuale e morale gramsciana (…); riforma indirizzata, in conseguenza della strategia rivoluzionaria intesa come guerra di posizione , a raggiungere la direzione intellettuale prima del dominio. (…)Si doveva arrivare a dire che la direzione era stata esercitata dal partito comunista, (…)in quanto la sua politica era stata la precisa concrezione pratica del pensiero gramsciano. Attraverso il referendum (…)si illuminava il senso morale e intellettuale del trentennio, come vittoria di Gramsci (pagg 255-257)

La realtà morale italiana (…)con un crescendo continuo, particolarmente accelerato dal ‘68 in poi, è la verifica puntuale di [quel che si è detto]. (…)Non ripetiamo (…) quel che tutti sanno: hanno larga ciricolazione in Italia soltanto quei prodotti intellettuali che sono conformi [all’egemonia del comunismo] o ne fanno il giuoco. (pag. 320)

Il vero significato della sconfitta cattolica…

Sembra (…)che i cattolici stessi abbiano dimenticato che la Democrazia Cristiana ha le sue radici ideali [nel pensiero di] Leone XIII. (…)Il pensiero profondo di Leone XIII (…)è un pensiero sociale, essendo ben inteso che l’ordine di una società riposa sulla coscienza della verità accettata da coloro che governano il corpo politico. (…) La rinascita cattolica deve essere (…)inscindibilmente religiosa, filosofica e politica; (…)ma questa politica deve appoggiarsi su una filosofia che sia a sua volta preambolo della fede. (…) [Invece] capita (…)di sentire (…)che il partito dovrebbe rinunciare all’aggettivo ‘cristiano’ per risolversi in un partito ‘democratico’ (…), assumendo una pura posizione di neutralità nel campo culturale e religioso. (…) Un altro passo e si giungerà al riconoscimento che il marxismo si è sostituito al cristianesimo nel momento presente dello sviluppo storico. (pagg. 257-260)

… è il suicidio del cristianesimo, profetizzato da Gramsci

A questo punto sembra suonar profetico quel che Gramsci scriveva su L’Ordine Nuovo del 1 novembre 1919 all’indomani della fondazione del Partito Popolare: “Il cattolicesimo riappare alla luce della storia, ma quanto modificato, ma quanto ‘riformato’. Lo spirito si è fatto carne, e carne corruttibile come le forme umane (…) Il cattolicesimo entra così in concorrenza non già col liberalismo, non già con lo Stato laico; esso entra in concorrenza col socialismo e sarà sconfitto, sarà definitivamente espulso dalla storia del socialismo […]. Il cattolicesimo democratico fa ciò che il socialismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida. […] Diventati società, acquistata coscienza della loro forza reale, questi individui (…) vorranno far da sé e svolgeranno da se stessi le loro proprie forze e non vorranno più intermediari, non vorranno più pastori per autorità, ma comprenderanno di muoversi per impulso proprio: diventeranno uomini, (…) uomini che attingono alla propria coscienza i principi della propria azione, uomini che spezzano gli idoli, che decapitano Dio”. (pag 260). Si possono certo ammirare le facoltà divinatrici di Gramsci. La crisi della Chiesa – non certamente prevista da nessuno negli anni ‘30 – è avvenuta realmente, dopo il ‘60, nella forma da lui descritta. [Ad esempio] è rinato il modernismo, ed esattamente nella forma di risoluzione di religione in politica attraverso le varie teologie politiche, della rivoluzione, della liberalizzazione, della secolarizzazione, eccetera. (pag. 290)

La contraddizione finale

Ma questa filosofia ha davvero la possibilità di portare a un consenso razionale [come pretende], o invece non può essere che (…)accolta come ideologia, come strumento atto a conseguire fini pratici? (…)Il termine di filosofia è legato a quello di verità; il termine di ideologia a quello di potere. Da ciò risulta che si ha la situazione peggiore quando l’ideologia pretende di risolvere in séla filosofia (è una delle definizioni del totalitarismo); allora il potere, assolutizzandosi, rivela quel ‘volto demoniaco’ di cui tante volte si è discorso. (pag. 305)

Il divieto della ‘domanda’

[Si ha dunque] una trasposizione del totalitarismo dal ‘fisico’ al ‘morale’. L’unità del blocco sociale sarebbe raggiunta attraverso la prevalenza della coercizione sul consenso, ottenuto attraverso la discriminazione delle domande, vietando quelle che (…) gli intellettuali organici definiscono “reazionarie”. Omeglio, attraverso la creazione, a cui si provvede col dominio delal cultura e della scuola, di un nuovo senso comune, in cui non riaffiorino più le domande metafisiche tradizionali. (…) Il conformismo del passato era un conformismo delle risposte, mentre il nuovo risulta da una discriminazione delle domande per cui le indiscrete vengono paralizzate quali espressioni di ‘tradizionalismo’, di ‘spirito conservatore’ (…)o magari, quando l’eccesso di cattivo gusto giunge al limite, di ‘fascista’; si giunge alla situazione in cui sia il soggetto stesso a vietarsele come ‘immorali’. Sino a che queste domande, per il processo dell’abitudine, o in virtù dell’insegnamento, non sorgano più. Per le domande razionali non avviene infatti la stessa cosa che per gli istinti che, repressi, riaffiorano; esse, invece possono scomparire del tutto. Il dissenso viene reso impossibile, non per vie fisiche, ma per vie pedagogiche. E’nella sua trasposizione al morale che il totalitarismo raggiunge la sua forma pura. (pagg. 319,320)

Il vero esito del gramscismo: il dissolvimento di ogni ideale

La riforma gramsciana ha avuto la funzione di ‘produttrice di miscredenza’ in un processo che, se ha messo in crisi le fedi religiose avverse, ha finito col far lo stesso anche con la propria. La radice prima teorica di ciò sta nel dissolvimento della filosofia nell’ideologia. Se si vuole parlare di un nuovo ‘senso comune’ occorre riconoscere che non poteva assumere altra forma di quella che, appunto, ha preso: la dilatazione estrema della mentalità ideolgica, nel senso di inclinazione a vedere tutto in termini di strumento di azione (di potere); come preclusione a qualisiasi fede, questa disposizione non può non incrinare, e al termine dissolvere, la stessa fede rivoluzionaria. E questa mentalità corrisponde esattamente all’Anticristo di cui parlava Croce. (…) Non stupisce perciò se il comunismo italiano appare oggi come la forza più adeguata a mantenere l’ordine in un mondo in cui qualsiasi religione è scomparsa; non soltanto la religione cattolica, ma ogni sua forma anche immanente e secolare; anche la fede nel comunismo. (…)Certo, il comunismo gramsciano può riuscire, ma realizzando l’esatto opposto di quel che si proponeva [ovvero, suicidandosi] (pag. 333, 334).

Dizionarietto filosofico

Immanentismo: posizione filosofica per cui non esiste nulla di “trascendente”, nulla al di là della realtà che conosciamo, della realtà “immanente” appunto.

Storicismo: pensiero secondo il quale non esiste nulla che non sia sottoposto al divenire storico; quindi, tutto diviene e nulla ‘è’.

Secolarismo: tendenza a escludere il religioso dalla vita sociale (dal latino “saeculum” che indica tutto ciò che non appartiene alla religione).

Metafisica: dottrina che si occupa di ciò che ogni realtà ultimamente ‘è’, al di là dei suoi cambiamenti storici o delle differenze individuali. Il discorso metafisico per eccellenza riguarda quindi la consistenza profonda dell’essere e quindi il mistero di Dio.

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