Politicamente corretto
- aggettivo
Di condotta, comportamento, modo di dire improntato al pieno rispetto dell’identità politica, etnica, religiosa, sessuale, sociale, ecc. di altri soggetti.
- sostantivo maschile
Atteggiamento di rispetto nei riguardi dei diritti delle minoranze e dei gruppi socialmente più deboli.
Il politicamente corretto non è nient’altro che il nome commerciale del nichilismo.
Il presupposto su cui si basa è che nessuna verità possa essere espressa come se fosse una verità.
In altre parole, rispetto per tutto tranne che per ciò che è vero. Anche la menzogna più eclatante, anche la morale più immorale che si possa immaginare deve essere trattata con i guanti. Ma quali sono le basi per potere affermare che una simile pratica è corretta? Il politicamente corretto si proclama giudice unico di ogni valore, e li rifiuta, pretendendo di sedersi da solo sul trono. Un trono che non è quello del vero, ma del “fa’ come ti dico io, o altrimenti”.
Che questa visione delle cose sia fondamentalmente contraddittoria diventa evidente quando quell’altrimenti diventa effetto pratico. Chi si rifiuta di adeguarsi viene dileggiato, insultato, se non peggio. Rischia posizione, lavoro, carcere, infamia. Tutto ciò che in qualche maniera può portare offesa, o si presume possa offendere la più delicata delle sensibilità, è distrutto senza pietà. Si buttano giù le statue; non manca molto all’innalzare le teste sulle picche. In effige ci sono già da un pezzo. E’ negata la parola a chi ha una sua opinione che dissente dai dettami del branco, autonominatosi minoranza da proteggere.
Chi, con violenze verbali o fisiche, si occupa di silenziare lo scorretto, si fregia del nome di contestatore; in realtà sarebbe difficile immaginare un servo più fedele del potere. Ciò che dà fastidio è l’avere una identità: i giannizzeri del politicamente corretto si mascherano tutti nello stesso modo. La trasgressione è la nuova uniforme.
Quando il politicamente corretto va al potere, cerca di fare leggi che ammutoliscano il pensiero. Il pensiero può ferire, meglio proibirlo. Quel tipo di potere, oggi, domina gran parte del mondo. Si muove per piccoli passi: sa che le menzogne che usa sono troppo grandi per farle ingoiare in un colpo solo. Ma già oggi non è più possibile dire pubblicamente ciò che fino a pochi anni fa pareva addirittura evidente, neanche bisognoso di dimostrazione.
Hai una bella voglia a sostenere che la biologia, la fisica, la logica ti danno ragione: pure la realtà è soggetta al politicamente corretto. Se il reale è differente, che si faccia tacere pure quello. Le minoranze che si voleva proteggere ora sono divenuti gli oppressori. E’ diventato obbligatorio sentirsi in colpa per cosa non si è fatto e perdonarsi per ciò che si fa.
Fino a qualche tempo fa, certi comportamenti erano ritenuti troppo estremi persino per rientrare nella protezione del politicamente corretto. Oggi, cosa rimane ancora fuori? Ben poco resta di immondo che non sia considerato come meritevole di quel rispetto che la definizione riporta. Pretese antitetiche vanno a braccetto, incapaci di comprendere che talvolta il nemico del tuo nemico non è tuo amico, ma un avversario ancora peggiore.
In compenso sono le antiche virtù ad essere diventate impronunciabili. Chi osa sostenere che il bene esista è il reietto finale. La coperta della tolleranza è troppo corta, non lo copre. O forse non era che il bersaglio da rimuovere fin dall’inizio.
Eppure, eppure…
Mi domando se tutto questo non sia una grande ubriacatura da informazione, un’allucinante recita che ci viene imposta. Se sotto sotto la gente sappia ancora bene cosa sia vero, reale, giusto. Ma non osi esprimerlo, per paura delle intolleranti guardie del politicamente corretto.
Chissà, forse un giorno finirà il Terrore, e potremo ancora pronunciare scorrettissime verità.