La questione omosessuale pone oggettivamente una “tentazione gnostica” all’uomo di oggi e alla Chiesa: è lecito, in nome della carità alla persona omosessuale, accettare la radicale separazione tra natura e libertà?
In altre parole, sotto la questione omosessuale è in gioco una questione decisiva in particolare per quella speciale antropologia che è presentata dalla Chiesa, perché riguarda l’essenza stessa del suo fondamento: la carità.

La questione omosessuale diviene infine la scelta su “quale carità” sia fino in fondo umana, fino in fondo degna dell’uomo. Certo, nel “cavallo di Troia” dell’accettazione incondizionata dell’omosessualità si nasconde un pericolo da non sottovalutare: quello di affermare che la piena realizzazione dell’esistenza si può attuare a partire dal puro desiderio (quello erotico verso il proprio omologo sessuale) che può fondare un’identità (quella omosessuale, appunto) a prescindere dalla propria natura carnale. In questo modo la carità diventerebbe un fatto del solo spirito senza carne, ovvero della sola libertà senza natura.
Di qui, appare chiaro perché la questione omosessuale sia così centrale e accesa nel dibattito culturale e politico. Essa, infatti, tocca – pur senza nominarle direttamente – questioni che sono decisive per il destino stesso dell’uomo. Al suo interno si cela, per così dire, il possibile lasciapassare a una concezione dell’amore umano che potremmo definire di “carità totalmente spirituale”: una tentazione a tutti gli effetti, in quanto vengono radicalizzati due elementi – lo spirito e la carità – che sembrano definire perfettamente l’umano e anche il ‘cristiano’ così come è inteso dal mondo.
Si può parlare di una vera e propria tentazione, per certi versi irresistibile, che la normalizzazione totale dell’omosessualità pone in particolare al Cristianesimo moderno: come rifiutare, infatti, una carità così “perfetta”, fatta ad ogni persona in nome del suo desiderio “spirituale”, liberato dal fastidio della materia che crea differenze incomprensibili fra etero ed omo, anteriori alla libertà?

Ma una libertà senza natura è alla fine una libertà senza origine e senza scopo, ovvero una libertà senza verità e, infine, una libertà senza la salvezza di Cristo, il Mistero della vita fatto carne e insieme il Mistero che risponde al desiderio più profondo dell’esistenza, che è indisponibile all’uomo stesso, perché infinito e per questo iscritto nella sua natura da un Amore infinito che, solo, poteva concepire un desiderio così.
La carità verso la persona omosessuale, così come verso ogni uomo, in conclusione, non può prescindere dalla natura e dalla carne, che ci precedono. Certo, tale carità deve attuarsi nella libertà della persona omosessuale.
Ma perché si possa arrivare a questo, pare necessaria, però, prima una “purificazione” dell’umanità tutta dal condizionamento straordinario della storia su tale questione: dall’eccesso “persecutorio” si è passati immediatamente ad un eccesso “normalizzatore”, senza che si potesse formare un’autocoscienza serena e leale del soggetto omosessuale. Senza questo passo, senza una “desacralizzazione del gay”, non sarà possibile fino in fondo una carità nella verità.

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