“A noi di rovinare i padroni non ci fa tristezza. La loro morte è la nostra vita”. Non lo scriveva un volantino delle BR, ma “Lotta Continua”, il giornale più “in” degli anni ‘70, quello che faceva opinione. E che continua a farla anche oggi visto che una buona fetta dell’odierna classe intellettuale (Sofri, Lerner, Deaglio, Mughini, Liguori, Claudio Rinaldi, Erri de Luca, Manconi…) viene da qui. Ecco alcune perle tratte da questa rivista.
[Di seguito riportiamo citazioni testuali tratte da vari numeri di “Lotta Continua” – I titoli sono a cura di Stefano Magni]
Un mondo migliore è possibile. Ma chi paga?
“Sono questi i proletari a cui gli operai delle grandi fabbriche devono saper dire delle parole chiare: lavoro o no, vogliamo mangiare, vogliamo vivere, vogliamo essere pagati.”
“No all’aumento della produzione, no allo straordinario, riduzione di orario a parità di salario per tutti (e soprattutto nelle fabbriche dove gli operai vengono messi a cassa integrazione), mutua pagata al 100% tutto l’anno”
“Non ci libereremo mai della schiavitù del salario, cioè del lavoro sotto il padrone, finché lotteremo soltanto per aumentare le nostre paghe (…) questo però non vuol dire rinunciare agli aumenti salariali, perché i prezzi aumentano continuamente e se non aumentano le paghe finiremo per lavorare gratis”.
Vogliamo tutto e subito.
“Vogliamo un aumento salariale per tutti e che sia grosso”.
“Vogliamo la riduzione dei prezzi di tutti i generi di prima necessità: cibi, affitti e vestiari”.
“Vogliamo scuola, trasporti e assistenza gratuiti”
Più benessere per tutti? Facile: basta lottare uniti!
“Le case non ce le dobbiamo aspettare dai nostri sfruttatori, come non dobbiamo aspettarci da loro la salute o il benessere. Queste cose gli operai e i proletari le hanno ormai capite e dove hanno avuto la forza e l’organizzazione per farlo, le case se le sono prese”.
“Noi non andremo in Parlamento a chiedere il ribasso generale dei prezzi, ma lavoreremo per organizzare la lotta nelle fabbriche, nei quartieri e nelle piazze. E nemmeno ci preoccupiamo di spiegare ai padroni come salvare capra e cavoli: come concedere il ribasso dei prezzi senza andare in malora, come fanno invece i sindacati quando chiedono le loro riforme”.
“A noi di rovinare i padroni non ci fa tristezza. La loro morte è la nostra vita”.
“La nostra vita è piena di cose che non abbiamo, che dobbiamo pagare a caro prezzo, ma che possiamo prenderci con facilità se siamo tutti uniti e lottiamo tutti assieme”
Brani estratti da “Verso la lotta generale: lottiamo per vivere”, Lotta Continua, 2 febbraio 1972
“Alla televisione abbiamo visto che in Argentina il governo aveva aumentato l’energia elettrica. Ci sono stati quattro giorni di rivoluzione e il governo ha ritirato l’aumento”. Lotta Continua, 12 aprile 1972
Ma lottare contro chi? Inventiamoci un nemico
TITOLO: “Nel Sud, dal ’43 al ’72, l’occupazione armata è continuata. Gli occupanti sono i padroni: il loro nemico sono i proletari. Una massa coraggiosa e dura che per vincere la sua guerra deve diventare esercito”. Da Lotta Continua, 25 aprile 1972
TITOLO: “Un colpo di Stato fascista militare a maggio?” segue l’elenco dei nomi dei “cospiratori”: missini, ufficiali di polizia, nobili e industriali. Da Lotta Continua, 27 aprile 1972
Quando fu rapito il magistrato Sossi e arrivò il comunicato di rivendicazione delle Brigate Rosse, nel maggio 1974, su Lotta Continua commentavano così: “Si tratta di un personaggio scelto su misura per accreditare la tesi di un sequestro programmato e compiuto dalla sinistra. Una sinistra di cui si presume che, impegnata a fondo nella costruzione di una generale lotta proletaria contro la crisi e nello scontro sul referendum, sia così allegramente idiota da prelevare un sostituto procuratore, alimentare la crociata fanatica dei paladini dell’ordine autoritario, regalare voti a Fanfani e spianare la strada alle montature repressive borghesi”.
“Che cosa vuol dire oggi antifascismo militante? Secondo me deve essere chiaro a tutti i compagni che l’MSI è ormai avviato alla clandestinità: quindi attua un livello di scontro che non è politico, ma solamente militare. Gli va quindi data una risposta militare ai massimi livelli di durezza. (…) Credo che l’unica maniera per fermarli sia quella di colpirli in maniera costante, capillare, precisa”. Lettera di “Fabrizietto”, lettore di Lotta Continua, 14 gennaio 1978
“L’appello contro il terrorismo della Regione Piemonte (…) si inserisce in una vasta e ben orchestrata campagna di stampa (…) il cui vero obiettivo non è il terrorismo rosso, ma la normalizzazione della lotta di classe entro confini legalitari e pacifisti” Da una dichiarazione di “alcuni compagni di Mirafiori” su Lotta Continua, 11 marzo 1978
TITOLO: “Rapito Moro: è il gioco più pesante e sporco che sia mai stato provato sulla testa dei proletari italiani” Lotta Continua, 17 marzo 1978, titolo di prima pagina a caratteri cubitali
In passato, le cose le risolvevamo così:
Titolo sul biennio rosso: “1919: dai moti per il carovita, all’occupazione delle terre, alle elezioni – la vittoria in parlamento e la sconfitta nelle piazze, dopo la più forte ondata rivoluzionaria del 1920 – E’ sempre e solo la forza delle armi che decide”.
Commento sul suffragio universale del 1919: “Le elezioni sono servite a dividere e indebolire ulteriormente il fronte proletario”.
Commento sulla guerra civile italiana: “C’è una cosa che i borghesi non riusciranno mai a cancellare dall’esperienza storica negli anni ’44-’45: l’uso della violenza. La resistenza dimostrò che un carabiniere poteva essere disarmato puntandogli un dito alla schiena, dimostrò che i padroni che non volevano concedere gli aumenti salariali potevano esserci costretti con i mitra puntati”.
Siamo troppo umani per permettervi di vivere
Risposta degli operai all’invito della direzione FIAT a osservare il lutto per Sallustro (dirigente FIAT CONCORD, Argentina): “Non avete capito che vi vogliamo tutti morti?” e Lotta Continua commenta, il 14 aprile 1972: “Non c’è umanità comune, neanche di fronte alla morte. Al contrario ci sono due classi che si fronteggiano e che dai loro morti sono divise sempre più (…) Gli assassini di Pinelli non possono protestare quando gli sfruttati ammazzano uno di loro”.
Attentato a George Wallace (candidato democratico alle primarie USA): “George Corley Wallace, bianco, 53 anni, fascista, criminale, assassino, candidato democratico alle elezioni primarie (…) forse sopravviverà. Peccato. ‘Noi che abbiamo mantenuto una dimensione umana’ – dicono i neri dei ghetti dell’America razzista e criminale – ‘quando muore un porco non ci commuoviamo, perché un porco resta un porco’”. Lotta Continua 15 maggio 1972
“Non manca chi commenta la figura di Calabresi come: ‘Il mio migliore funzionario. Intelligentissimo e buono’. Chi esprime queste discutibili valutazioni è il questore di Milano”.
“Ieri il razzista Wallace, oggi l’omicida Calabresi. La violenza si rivolge contro i nemici del proletariato, contro gli uomini che della violenza hanno fatto la loro pratica quotidiana di vita al servizio del potere”.
“La massa dei proletari, che in anni di lotta è sempre più ‘classe’ ha reso sempre più omogeneo il proprio modo di lottare e di pensare e soprattutto ha imparato a riconoscere i suoi nemici e le loro armi ben oltre il conflitto immediato fra il singolo sfruttato e il singolo padrone, o il singolo poliziotto, vede nell’omicidio Calabresi la conseguenza giusta di una legge ferrea, violenta, di cui il dominio capitalista è responsabile”.
Lotta Continua, speciale sull’attentato a Calabresi, 18 maggio 1972
“Ucciso il responsabile servizi di sicurezza industriali. FLM proclama sciopero. Commenti degli operai: ‘Non ho sentito il bisogno di scioperare’; ‘Perché devo scioperare quando è stato ucciso un capo dei guardiani?’” Commenta Lotta Continua: “Tutto si può dire tranne che qualcuno si senta in prima linea o che l’emozione sia grande. Intorno allo stabilimento regna la calma più assoluta”. Lotta Continua, 5 gennaio 1978
“E’ giusto uccidere i fascisti?” Titolo di un dibattito radiofonico di Radio Popolare, dopo l’uccisione di due ragazzi iscritti all’MSI, riportato su Lotta Continua 11 gennaio 1978, dove si commenta: “Tutti coloro che hanno telefonato danno un giudizio di condanna politica dell’attentato, hanno detto però che a livello umano sono del tutto indifferenti o addirittura compiaciuti della morte di due fascisti”.
“I comitati comunisti rivoluzionari condannano l’uccisione di due fascisti, ma con la seguente motivazione: vedere nei fascisti quasi una razza di diversi significa prescindere da un’analisi comunista della forma sociale esistente e subire un tipo di analisi di matrice liberale che tende ad esorcizzare il fascismo come puro fatto patologico. (…) La vera discriminazione sta non tra ‘violenza sì’ e ‘violenza no’, ma fra ‘violenza intelligente, pertinente e finalizzata’ e ‘violenza cieca’ in quanto tale regressiva” Lotta Continua, 12 gennaio 1978
“…E neppure le spiegazioni tardo-leniniste di chi chiede a chi spara di avere un programma serio possono distogliere da quelli che sono i contenuti di lotta di un comunista: che la propria umanità è superiore, che i mezzi con cui combatte non possono mai temere di essere scambiati con i mezzi del nemico, a meno che non si accetti di essere subalterni alla disumanità quotidiana della borghesia” Lotta Continua, 13 gennaio 1978
C’è tattica e tattica. C’è violenza e violenza
“La pratica combattente è condizione necessaria ma non sufficiente a definire il lavoro rivoluzionario; al nuovo livello dello scontro ridiventa centrale non dire ‘come lottare’, ma ‘per che cosa’” Intervista a Oreste Scalzone, Lotta Continua 20 gennaio 1978
In occasione dell’omicidio del magistrato Riccardo Palma, da parte delle Brigate Rosse, il 15 febbraio 1978, Lotta Continua si sottrae alla discussione, con la seguente motivazione: “Inutile dilungarsi ulteriormente su episodi contro cui puntualmente abbiamo espresso il nostro giudizio
In occasione del rapimento di Aldo Moro, da una cronaca di un dibattito studentesco a Scienze Politiche (la facoltà dove insegnava Moro), Roma: “Interviene un’assistente del PCI ponendo la discriminante ‘voi non dovete fare la base di massa per le BR: o con noi o con loro’. Numerosi interventi rifiutano questa logica: ‘oggi stare con voi, con la linea che portate, vuol dire stare con lo Stato della disoccupazione e della repressione. Né con voi, né con le BR: stiamo con chi lotta!’. Quando uno studente democristiano è intervenuto gridando ‘sono fiero di essere democristiano’ l’assemblea è esplosa (…) Molti gli interventi che non sembrano esprimere i soliti schieramenti, ma una riflessione più profonda. Per alcuni il problema è ancora quello di ‘chiamare compagni’ quelli delle BR, salvo affermare che la loro azione è spesso contrastante con lo sviluppo del movimento di massa. Copertura delle BR e rivendicazione al movimento della pratica della ‘violenza a tutti i livelli’ sono i capisaldi di questa posizione. Altri ne rivelano la contraddizione: ‘Se la linea brigatista è contrapposta al movimento di massa, in quanto lo espropria dell’iniziativa, allora va criticata e battuta senza incertezze”.
E ora… la morale finale!
Un lettore, inorridito dall’omicidio Calabresi, accusa Lotta Continua di mantenere un atteggiamento disumano e sollecita ad avere pietà per un morto. Il lettore dice, fra le altre cose: “Mi è difficile credere che voi lottiate seriamente per tutto questo, per una società senza violenza, perché chi ama l’uomo e la sua liberazione, ama la vita. E chi ama la vita veramente, non può non sentirsi profondamente amareggiato nel vedersi costretto a usare mezzi violenti, a togliere la vita ad un altro uomo”. La redazione, stizzita, risponde: “La lettera è un esempio di quella ‘nobiltà umana’ che è il retaggio della cultura e dell’ideologia borghese-umanistica. (…) In sostanza questa ideologia si fonda sull’affermazione che l’uomo, e la vita dell’uomo, è il valore essenziale, anteponendo questa concezione alla distinzione fra le classi. Ebbene, il limite di fondo di questo umanesimo che lo rende moralistico e strumentale invece che morale, è proprio nel suo riferirsi a un ‘uomo’ che non esiste e che, nel suo segno positivo, come umanità emancipata e capace di realizzarsi, esisterà solo in una società senza classi. In una società, cioè, che superi la preistoria e liberi la storia dell’umanità. Prima di allora (…) l’amore per la vita, il rispetto per la libertà e la dignità individuale, il desiderio di felicità, di sanità, di identificazione con gli altri e con la natura, hanno un senso solo se si riferiscono alla condizione di una classe – il proletariato”. Lotta Continua 20 maggio 1972