La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha imposto a tutti i 50 Stati dell’Unione nordamericana l’equiparazione giuridica tra la convivenza omosessuale e il matrimonio. È un golpe. Di quelli in carta bollata, con tanto di timbri, pure la giacca e la cravatta, ma sempre golpe. La Corte Suprema federale degli Stati Uniti, infatti, è il tribunale di ultima istanza del Paese e non ha affatto il compito di legiferare, bensì di vegliare sulla costituzionalità delle leggi varate dall’organo competente, il Congresso federale. Se quindi legifera, la Corte Suprema esce dai limiti del mandato che ha essa conferisce la Costituzione federale. Esattamente come se il Congresso, invece, di varare leggi di cui poi la Corte Suprema giudica la compatibilità con la Costituzione si sostituisse ai giudici di ultima istanza. Gli Stati Uniti si vantano da sempre, e a ragione, di quell’architettura costituzionale non perfetta ma assolutamente ben temperata che impedisce crisi di governo, rende sempre certo il diritto e distingue in modo netto e trasparente tra i poteri così che non vi possano essere inciuci, consociativismi e abusi di potere. Ma tutto questo è morto il 26 giugno 2015, quando la Corte Suprema ha stracciato la Costituzione federale e si è attribuita poteri nuovi.
La separazione tra i poteri negli Stati Uniti non c’è più: la Corte Suprema (organo di arbitrato costituzionale) si è sostituita al Congresso (organo legislativo); la Casa Bianca (organo esecutivo) ha pressato in maniera ignominiosa la Corte Suprema per ottenere una sentenza addomesticata; e di fatto il Congresso non serve più a nulla. Per meno, molto meno di questo, 800 anni fa esatti i baroni del regno inglese fecero tintinnare le sciabole davanti al muso di re Giovanni Senzaterra il 15 giugno 1215 a Runnymede. Per meno, molto meno di questo il 4 luglio 1776 i nordamericani si proclamarono indipendenti. Dalla rivolta dei baroni medioevali inglesi sorse quel capolavoro del diritto che è la Magna Charta Libertatum ; e dall’indipendenza dei coloni nordamericani nacque quel Paese in cui il primo e fondante diritto politico dei cittadini è la libertà religiosa. Cosa potrà nascere oggi dalla legalizzazione del “matrimonio” LGBT non è possibile saperlo; certo è che le parole di dissenso con cui il giudice della Corte Suprema Antonin G. Scalia, cattolico e conservatore, ha accolto da decisione dei suoi colleghi non potevano essere più nette: «una minaccia alla democrazia statunitense».
Un atto eversivo, dovrebbero dirlo i gay
Però non è esatto dire che la sentenza del 26 giugno non ha precedenti. Negli Stati Uniti l’aborto è stato legalizzato il 22 gennaio 1973 attraverso un golpe identico. Anche in quella occasione la Corte Suprema violò il proprio mandato e si spinse oltre i limiti stabiliti dalla Costituzione per varare in proprio una legge. Allora fu la cancellazione, retroattiva, di tutte le norme a tutela della vita umana innocente che diversi Stati dell’Unione avevano da tempo varato onde sostituirle con una nuova legislazione abortista. Oggi non è l’obbligo imposto anche agli Stati che non ammettono unioni legali tra persone dello stesso sesso di riconoscerle se contratte negli Stati dov’è possibile, ma l’obbligo universale di equiparare unioni omosessuali e matrimonio in barba a ciò che in uno Stato dell’Unione è legale o no. Infatti, la legalità o meno del “matrimonio” omosessuale nei diversi Stati nordamericani è sempre l’esito di referendum popolari: obbligare tutti indistintamente gli Stati a legalizzare le “nozze” LGBT vuol dire cancellare con un abuso la volontà popolare e la legislazione che essa ha determinato. Per questo la sentenza del 26 giugno 2015 è un golpe come quella del 22 gennaio 1963.
L’architettura istituzionale statunitense è fatta apposta per impedire che accadano cose così; per impedire l’abuso, l’arbitrio, il colpo di Stato per bianco che sia. Fare in modo che invece cose così accadano significa svellere l’impianto costituzionale del Paese. È un atto eversivo. Per questo la legalizzazione del “matrimonio” LGBT statunitense va denunciata ancora prima di qualsiasi lecitissimo giudizio etico, filosofico o religioso. È infatti un attentato alla vita sociale, alla democrazia, al progresso. I primi a temere la legalizzazione delle “nozze” omosessuali dovrebbero essere gli omosessuali: da oggi negli Stati Uniti gli omosessuali non sono più sicuri, esattamente come gli eterosessuali. La Corte Suprema potrebbe decidere di loro qualsiasi cosa in qualunque momento, e non ci sarebbero più avvocati a difenderli. Dai tempi grosso modo della presidenza di Franklin D. Roosevelt (1882-1945) la Corte Suprema ha iniziato, passino dopo passino, il fai-da-te abbandonando il mandato costituzionale. Passino dopo passino, gli americani sono dunque arrivati alla situazione odierna dove nove magistrati (ma ne bastano la metà più uno, tipo i quattro liberal di oggi più il cattolico adulto di turno che proverbialmente vota sempre dalla parte sbagliata) possono decidere di scambiare il giorno con la notte senza che alcuno possa obiettare.
Domattina il sole sorgerà come sempre. Se non fosse, non lo decide l’uomo
Adesso restano due cose da vedere. La prima è che, stante che riconoscere i “matrimoni” gay ovunque, in barba alla volontà popolare e alle leggi vigenti, è un obbligo, cosa succederà, verrà schierata la Guarda Nazionale a fianco dell’altare per costringere don John Smith a benedire Paul che impalma William, o magari persino il connubio “stregonesco” fra tre lesbiche? Ci saranno multe, ci sarà la galera per i trasgressori? La seconda è che, stante che nel novembre 2016 Barack Obama e il suo abuso di potere traslocheranno per sempre, i Repubblicani hanno la possibilità storica di politicizzare la sentenza del 26 giugno, polarizzare radicalmente il voto, conquistare la Casa Bianca e prima o poi nominare nuovi giudici alla Corte Suprema. Il cattolico adulto Anthony Kennedy ha quasi 80 anni e lo stesso il gran conservatore cattolico Scalia. I due grandi liberal Ruth Bader Ginsburg e Stephen Breyer sono lei del 1933 e lui del 1938. Per ribaltare la sentenza del 26 giugno, riportare la Corte Suprema nei binari costituzionali e ritornare al Defense of Marriage Act del 1996 ‒ che stabilisce che l’unico matrimonio possibile è quello tra un uomo e una donna ‒ ci vuole un caso (e la realtà ne offrirà tanti), un iter processuale (e verrà pure quello) e alla fine una Corte Suprema non eversiva che riporti l’ordine nella cosa pubblica. Per farlo ci vuole alla base una volontà politica che permetta di operare le nomine giuste.
Perché l’appiglio più bello che oggi gli anti-LGBT sbandierano ai quattro venti è che la Corte Suprema, il Congresso e la Casa Bianca non hanno il minimo diritto di sabotare una realtà, quella vocazione all’unione amorosa e feconda tra un uomo e una donna che chiamiamo matrimonio, la quale li precede ontologicamente, logicamente e cronologicamente. Non si può per decreto creare posti di lavoro, non si può per legge stabilire che domattina il sole non sorgerà. Ci sono cose che sfuggono al potere umano, e questo è quello che sta scritto nella “Magna Carta”, questo è ciò per cui i nordamericani dissero addio alla Corona britannica. Li chiamano God-given rights, e nessun tribunale può cancellarli. Ce li hanno anche quelli che non credono in Dio. Il matrimonio era lì prima che i pateracchi giuridici e politici degli uomini vennissero inventati.
Gli scienziati dell’Università di Leicester, in Inghilterra, hanno scavato una tomba risalente al XIV secolo nel cimitero annesso alla cappella di St. Morell, nel piccolissimo borgo di Hallaton, un tempo meta di pellegrinaggi. Nella suddetta tomba gli archeologi hanno trovato due scheletri sepolti assieme, uno accanto all’altro, uno rivolto all’altro, eterosessuali: una coppia di sposi, ancora mano nella mano. Fedeltà coniugale intatta da sette secoli. E ancora più antica è quella dei due sposi agricoltori del secolo V o VI che sono stati trovati anche loro mano nella mano nei pressi di Modena, lei porta ancora la fede di bronzo al dito. E addirittura preistorica è quella di quel marito e di quella sua moglie che, coricati in un talamo neolitico del mantovano, imperterriti da 5-6mila anni di guardano con tenerezza nelle orbite cave dei loro crani calcificati. Sembra che i loro teschi sorridano. Nemmeno la morte li ha separati.
La natura delle cose, che non è il prodotto delle volontà umane, è già di per sé una rivolta contro l’abuso, una controrivoluzione. Forse gli americani stanno per accorgersene, e di americani ancora sani ce n’è ancora parecchi. Che interessa a noi di quello che fanno oltre l’Atlantico? Be’, se l’eversione in veste democratica è possibile in un Paese che ha il top delle garanzie antiribaltone, pensate cosa invece succederà in altri Paesi dove l’inciucio, il consociativismo e l’illegalità sono di cosa. Ve ne viene in mente qualcuno?